Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

La morte di Artù


Con la fine dei tempi avventurosi il ciclo bretone giunge alla sua conclusione: conclusione tragica di cui Artù e Lancillotto sono ancora i protagonisti. Un giorno Artù, ormai vecchio, giunse al castello della sua sorellastra Morgana e fu da lei accolto con grande onore. Ma Morgana odiava Ginevra e non amava Artù; avutolo dunque ospite, lo alloggiò nella stessa stanza in cui, un tempo, aveva tenuto Lancillotto prigioniero. Ella sapeva che Lancillotto aveva ingannato le ore d'ozio  disegnando sulle pareti di quella stanza tutta la storia del suo amore per Ginevra, ed era sicura che il re avrebbe interpretato nel peggior modo quelle immagini.

Infatti Artù, vedendo i disegni, rimase profondamente turbato e, tornato a Corte, non riuscì a mostrare a Lancillotto la solita cordialità. Agravano e Gherrieri, fratelli di Galvano, che non amavano Lancillotto, e un altro nipote di Artù, Mordret, che da tempo era invidioso di lui, riuscirono a capire la pena del loro sovrano e fecero di tutto per confermare i suoi sospetti. Infine, Artù, convinto che Lancillotto e Ginevra lo avessero tradito, bandì dalla corte il leale cavaliere e condannò Ginevra a essere arsa sul rogo.

La sentenza stava per essere eseguita tra l'angoscia di tutti i baroni di Artù, quando Lancillotto uscì dal bosco in cui si era rifugiato con alcuni suoi fidi, liberò la regina e la trasse con sè alla Gioiosa Guardia, il castello che un tempo si era chiamato la Dolorosa Guardia e che aveva cambiato nome dopo che egli stesso lo aveva liberato dagli incanti.

Purtropppo nella mischia  Agravano, Gherrieri e Gaerietto, fratelli di Galvano, caddero uccisi. Immediatamente Artù mise l'assedio al castello, e per più mesi si combattè dinanzi ad esso senza risultati. Infine il pontefice di Roma intervenne biasimando severamente Artù che aveva condannato Ginevra senza avere alcuna prova contro di lei. Fu allora deciso che il re avrebbe ripreso alla sua corte la consorte, e che Lancillotto si sarebbe ritirato nel suo regno in Bretagna, che era stato di suo padre e che egli aveva riconquistato.


Ma Galvano non poteva perdonare a Lancillotto l'uccisione dei suoi fratelli, e tanto fece che persuase Artù a muovergli nuovamente guerra. Artù affidò allora il regno al nipote Mordret e passò il mare con un esercito per combattere Lancillotto.

Dopo due mesi di inutili combattimenti, Galvano decise di proporre a Lancillotto un combattimento fra loro: se egli fosse stato battuto, Artù si sarebbe ritirato, altrimenti sarebbe divenuto signore del regno di Bretagna. E Lancillotto accettò sebbene con l'animo straziato per dover combattere con l'antico amico. Il duello durò un'intera giornata; infine Galvano dovette cedere e fu portato via morente.

In quel momento stesso giungeva un messaggero dall'Inghilterra portando al re tristi notizie: Mordret si era impadronito del regno e teneva Ginevra prigioniera. Artù, vecchio e stanco, angosciato per aver perso i suoi due migliori cavalieri, Lancillotto e Galvano, si affrettò a tornare nel suo regno; e nella pianura di Salisbury avvenne il combattimento estremo.

Tutti i cavalieri della Tavola Rotonda perirono, lo stesso Artù cadde ferito mortalmente da Mordret nel momento stesso in cui gli spezzava la testa con un fendente. A sera solo il vecchio re sopravviveva ancora nel campo coperto di cadaveri, mentre un suo fedele, Giffletto, lo assisteva piangendo.

Vicino a morte, Artù si fece portare in una cappella e consegnò a Giffletto la sua buona spada Escalibur, ordinandogli di gettarla nel vicino lago. Egli obbedì con gran pena, e subito dal lago uscì una mano possente che, afferrata nell'aria la spada, scomparve nelle acque con essa.
Poi Artù pregò il guerriero di allontanarsi da lui, perchè voleva morire solo. E ancora Giffletto obbedì per quanto il suo cuore gli dolesse. Ma, giunto sul sommo di una collina, vide avvicinarsi una nave carica di bellissime dame che, tendendo le braccia, chiamavano Artù: erano le fate dei tempi avventurosi che venivano a prendere il vecchio re per scomparire con lui.

E Giffletto lo vide infatti avanzarsi sicuro e salire sulla nave, che subito si allontanò e scomparve. Più tardi Lancillotto, saputo quello che era avvenuto, venne ancora in Inghilterra per combattere i figli di Mordret, che si erano impadroniti del regno, e liberare Ginevra. Ma Ginevra era già morta nel convento in cui aveva trovato rifugio, e nulla egli potè fare per lei.

Sconfisse invece i principi, dopo di che si ritirò in un eremo in compagnia di due eremiti. E là morì santamente dopo qualche tempo: il suo corpo fu sepolto nella stessa tomba in cui riposava il suo grande amico Galeotto, sire delle Isole Lontane.

Fine


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