Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

Altri miti di Atena

Generosa e altera, Atena puniva severamente coloro che le mancavano di riguardo in qualche modo. Un giorno d'estate, attirata dalle limpide e fresche acque dell'Ippocrene, una fontana che scaturiva dalle rocce del monte Elicona, volle bagnarvisi insieme con la ninfa Cariclo, che era con lei. In quel momento passò da quelle parti un giovane figlio della stessa Cariclo, il principe, Tiresia, che andava a caccia, e scorse le due dee mentre, in abbigliamento succinto, si rinfrescavano nelle acque le candide braccia.

Atena, adirata contro l'involontario importuno, lo accecò immediatamente, e solo per le preghiere della madre compensò il disgraziato giovane dandogli la facoltà di conoscere il linguaggio degli uccelli e di prevedere il futuro, assicurandogli una vita lunghissima e dandogli infine un bastone con il quale egli avrebbe potuto camminare come se avesse la vista. Tiresia fu infatti il più celebre indovino delle leggende greche.


Anche Aracne, una fanciulla della Lidia, dovette far prova della severità della dea. Espertissima nel ricamo, Aracne affermava che nemmeno Atena sarebbe stata capace di fare opere più belle delle sue, e osò sfidare addirittura la dea a una gara. Atena sdegnò di competere con una mortale: le lasciò portare a termine un ricamo bellissimo e poi glielo lacerò a un tratto. Confusa e avvilita, Aracne si impiccò a un albero ma Atena fu svelta a trasformarla in un ragno condannandola a tessere per sempre effimere tele.

Ad Atena, protettrice delle arti, fu attribuita l'invenzione del flauto a due canne, molto usato dai Greci. Il mito racconta che la dea per molto tempo si compiacque di suonarlo, ma, quando vide in uno stagno la propria immagine con le gote ridicolmente gonfie, piena di vergogna gettò via lo strumento. Quel flauto fu poi raccolto, per sua disgrazia, da una piccola divinità boschereccia, il sileno Marsia.



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